domenica 25 settembre 2011

Guglielmo Petrelli: presentazione di "Apicoltura all'abbazia di Buckfast"

Ringraziando  Guglielmo Petrelli,
esperto apicoltore biodinamico e insegnante di tecniche apistiche, pubblichiamo qui il testo della relazione da lui letta durante l'incontro tenutosi a Milano, al Centro Botanico, il 10 maggio 2011 (cfr.  il post in data 26 settembre su questo blog, con  la locandina e il link al video).
Affidandoci queste note Petrelli avvisa che si tratta di un testo non "limato", ma pensato per essere integrato durante la lettura. Poiché ci è sembrato molto interessante - proprio per la prospettiva biodinamica della sua lettura - lo pubblichiamo senza timore. Ancora grazie e buona lettura. LV



Presentazione di "Apicoltura all'abbazia di Buckfast"

di Guglielmo Petrelli


Testo estremamente interessante e prezioso, con nozioni di base per una conduzione apistica sana, rispettosa e proficua.
Le esperienze, le ricerche e l’enorme lavoro svolto in 60 anni sono un importante punto di partenza per proseguire sul cammino della conoscenza di questo mondo fantastico e quanto mai importante per il legame con la vita umana, soprattutto per quanto concerne l’aspetto del sociale.
Molte delle tecniche pratiche esposte si basano e si sviluppano in una realtà geografica che seppure molto diversa da quella italiana ci portano a riflettere sull'Essere dell'Ape e sull'attuale metodica di conduzione dell'apicoltura moderna.
La ricerca costante di risultati che appaiono meramente materialistici, sviluppati per un’apicoltura intensiva, sembra trascurare aspetti più “sottili” che se mi è consentito definirei “spirituali” nell'organizzazione di un alveare e di un apiario.
Il concetto di “inviolabilità del nido di covata” è un fondamento del lavoro fatto a Buckfast e ciò non sminuisce ma bensì convalida quanto ricercato da questo sapiente monaco benedettino; la strada della conoscenza è comunque ancora molto lunga e in salita.
L'alveare dev’essere visto come un unico animale: un organismo che racchiude in sé le quattro parti che costituiscono il proprio nucleo.
Regina, operaie, fuchi e struttura, ovvero favi, costituiscono un tutt'uno che si può sintetizzare come l'Essere dell'Ape; cioè ogni singolo alveare è un singolo organismo, un singolo animale.
Se risaliamo al passato non solo i poeti ma anche Aristotele, che è il primo degli antichi a parlarci del mondo delle api in modo scientifico, riconosce che c'è in loro qualcosa di divino.
Virgilio poi dedica un'intera delle sue Georgiche (la IV°) a questo tema oltre che a parlarne anche nel VI° libro dell’Eneide.
La ricerca scientifica, con ricerche, tecniche e strumentazioni più evolute, ci ha portato oggi a una conoscenza più precisa e profonda dell'organismo dell'Essere dell'Ape (ad esempio parlare oggi di odore ferormonico di una regina e più che mai scontato, verificato e provato); argomenti che solo  nel recente passato non era possibile conoscere se non a livello empirico o intuitivo.
Oggi possiamo ancora domandarci: da dove viene l’ape?
L’ape è un'animale domestico o selvatico?
La risposta a questa domanda implica la presenza dell'uomo; l’ape è un animale che, nell'aspetto in cui noi la conosciamo, risente profondamente dell'intervento dell'uomo.
“Rudolf Steiner stesso ci ricorda che l'ape è la trasformazione di un animale più selvatico e primitivo, che era la vespa, una vespa dei fichi. Una trasformazione sapiente che proprio fu tra le prime azioni dei misteri antichi miranti a favorire quei caratteri che rendono l’ape così speciale. L’ape così ci appare come un essere le cui qualità presenti sono in qualche modo il risultato di un intervento, potremmo dire così, genetico - ma non attraverso l'ingegneria genetica, attraverso la sapienza dei misteri rivolta al mondo animale.”
Lo stesso Padre Adam dice: “l’ape da miele è senza dubbio una creatura solare, ma non ha alcun bisogno di essere viziata”.
L’ape non può più vivere senza l’aiuto dell’uomo; ed è proprio perché la vita delle api oggi è così più legata alla vita dell'uomo, che un apicoltore da solo non può gestire, nei termini della conduzione di un’apicoltura biodinamica, più di 250/300 arnie distribuite al massimo in 10/12 apiari diversi.
E quale lucida e profonda verità ci ricorda sempre Padre Adam nel citare alcune delle qualità che un apicoltore, permettetemi con la “A” maiuscola, deve possedere: “ottimismo, pazienza, perseveranza e speranza”.
Nella terza parte del testo "Selezione, allevamento, incrocio delle regine" è esposto sicuramente il più profondo lavoro di ricerca svolto da Padre Adam.
Un lavoro che si avvale non solo di intuizioni ma di precise ricerche basate su fondamentali e scientifici test comparativi; sempre attento a una gestione accorta e rispettosa, che asseconda i bisogni della famiglia cercando di non prevaricarne i suoi più naturali istinti.
L'apicoltura biodinamica non condivide e adotta nessuna tecnica di conduzione apistica intensiva, (nomadismo, super nutrizione stimolante, ecc.; pratiche che causano condizioni di regine sotto stress con la conseguenza di maggiore vulnerabilità alle varie patologie che oggi affliggono l’ape).
Queste metodiche vengono descritte anche da Padre Adam; ma qualunque apicoltore, sia hobbista che professionista, deve comunque conoscere e possibilmente provare queste tecniche, perché solo dopo una propria pratica e personale sperimentazione, soprattutto se condotta su vasta scala è con una metodica scrupolosa, precisa e scientifica, può comprendere e far proprie fino in fondo le motivazioni più profonde del testo di Padre Adam.
Nell’ultima parte del libro: “Conclusioni”, Padre Adam richiama chiaramente questi concetti.
E’ questa una scelta non solo economica ma di vita e di relazione non invasiva con il meraviglioso mondo delle api e della natura.

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